domenica 9 aprile 2023

 

 

Disegnato da Marcello Piacentini negli anni ’30 e ora ripensato dallo studio ABDR, così ci racconta il nuovo museo Alfredo Pirri che ha collaborato con il team progettuale realizzando la “piazza” d’ingresso:

“Innanzitutto penso che il “Nuovo Museo archeologico di Reggio Calabria” sia bellissimo (e anche che sono onorato di avere realizzato nel suo cuore un’opera monumentale e stabile). Il fatto che il museo sia bellissimo e nuovo non è affatto indifferente. Queste qualifiche gli attribuiscono un possibile ruolo culturale e una futura capacità penetrativa nel tessuto civile calabrese che, a mio parere, è stato sottovalutato nel momento in cui si è deciso di puntare tutta l’attenzione mediatica sulla presenza dei Bronzi di Riace al suo interno. So che è stata (ed è tutt’ora) proprio grazie a questa pressione se si è riusciti a sbloccare i finanziamenti necessari al completamento del museo stesso, ma, oscurando ogni informazione su tutto il resto del museo, si rischia di minarne il futuro poiché si tralascia la cosa più importante, la sua potenzialità maggiore: cioè la sua capacità di essere, per l’appunto, “nuovo” grazie alle prospettive di integrazione possibili fra antico e contemporaneo. Per altro credo che anche in termini turistici quest’integrazione sia auspicabile e addirittura necessaria”.[1]

 

         

 

2.2 Warriors in furs: tra provocazione, straniamento e Pop Art

 

Premesso che gli antichi greci non concepivano l'orienta-mento sessuale come un identificatore sociale, così come hanno sempre fatto le società occidentali moderne, la società greca non ha distinto il desiderio o il comportamento sessuale dal sesso di appartenenza dei partecipanti, ma piuttosto per il ruolo che ciascun partecipante giocava all'interno del rapporto e nell'atto sessuale. Non precisamente un paradiso gay ma – come scrive Maurice Sartre – “ (...) ciò non toglie che l'omosessualità fosse un dato comune nelle relazioni sociali; ed è proprio questo che colpisce lo storico e lo spinge ad interrogarsi sulla reale collocazione di quella pratica nelle società greche: (...). Un gran numero di documenti illustra la frequenza dei rapporti omosessuali nella Grecia antica. (...) numerosi testi di ogni genere (epigrammi, testi filosofici, narrazioni etnografiche, biografie, orazioni) e numerose immagini (...) provano quanto fossero reali e comuni questi rapporti d'amore"[2].  

Della questione ovviamente Bruneau è consapevole:

“omosessualità e pederastia nella Grecia classica non erano pratiche anormali, né oggetto di reprimenda sociale. Quindi sbaglia chi pensa che ho voluto contaminare del morbo del XXI secolo due icone classiche. Ho solo cercato di restituire un ordine di idee antico attraverso la banalità kitsch del presente…”[3].

Già qualche mese prima aveva avuto modo di contestualiz-zare così: “se gli storici antichi scrivono che il futuro Re dell’Epiro Alessandro amava Filippo II il Macedone e che il filosofo Parmenide di Elea amava il giovane Zeno o che Alessandro Magno per tutta la sua (breve) vita ha amato l’amico d’infanzia Efestione, questo non diffama il loro valore umano, militare o filosofico.”.



[1] Massimo Celani, conversazione con Alfredo Pirri, “Oltre i Bronzi. E con lo sguardo più ampio: soglie, ingressi, incipit”. In Calabria on web, 11 febbraio 2014 http://www.calabriaonweb.it/2014/02/11/oltre-i-bronzi-e-con-lo-sguardo-piu-ampio-soglie-ingressi-incipit/

  [2] Maurice Sartre, L'omosessualità nell'antica Grecia, in "L'amore e la sessualità", a cura di Georges Duby, Edizioni Dedalo, 1994.

 [3] Barbara Martusciello, Perché parlarne ancora. Gerald Bruneau, I Bronzi di Riace, provocazione tra scandalo e omofobia, in Art a part of culture, 12 agosto 2014