Disegnato da Marcello Piacentini
negli anni ’30 e ora ripensato dallo studio ABDR, così ci racconta il nuovo
museo Alfredo Pirri che ha collaborato con il team progettuale realizzando la
“piazza” d’ingresso:
“Innanzitutto penso che il “Nuovo
Museo archeologico di Reggio Calabria” sia bellissimo (e anche che sono onorato
di avere realizzato nel suo cuore un’opera monumentale e stabile). Il fatto che
il museo sia bellissimo e nuovo non è affatto indifferente. Queste
qualifiche gli attribuiscono un possibile ruolo culturale e una futura capacità
penetrativa nel tessuto civile calabrese che, a mio parere, è stato
sottovalutato nel momento in cui si è deciso di puntare tutta l’attenzione
mediatica sulla presenza dei Bronzi di Riace al suo interno. So che è stata (ed
è tutt’ora) proprio grazie a questa pressione se si è riusciti a sbloccare i
finanziamenti necessari al completamento del museo stesso, ma, oscurando ogni
informazione su tutto il resto del museo, si rischia di minarne il futuro poiché
si tralascia la cosa più importante, la sua potenzialità maggiore: cioè la sua
capacità di essere, per l’appunto, “nuovo” grazie alle prospettive di
integrazione possibili fra antico e contemporaneo. Per altro credo che anche in
termini turistici quest’integrazione sia auspicabile e addirittura necessaria”.[1]
2.2 Warriors in furs: tra provocazione, straniamento e Pop Art
Premesso
che gli antichi greci non concepivano l'orienta-mento sessuale come un
identificatore sociale, così come hanno sempre fatto le società occidentali
moderne, la società greca non ha distinto il desiderio o il comportamento
sessuale dal sesso di appartenenza dei partecipanti, ma piuttosto per il ruolo
che ciascun partecipante giocava all'interno del rapporto e nell'atto sessuale.
Non precisamente un paradiso gay ma – come scrive Maurice Sartre – “ (...) ciò
non toglie che l'omosessualità fosse un dato comune nelle relazioni sociali; ed
è proprio questo che colpisce lo storico e lo spinge ad interrogarsi sulla
reale collocazione di quella pratica nelle società greche: (...). Un gran
numero di documenti illustra la frequenza dei rapporti omosessuali nella Grecia
antica. (...) numerosi testi di ogni genere (epigrammi, testi filosofici,
narrazioni etnografiche, biografie, orazioni) e numerose immagini (...) provano
quanto fossero reali e comuni questi rapporti d'amore"[2].
Della
questione ovviamente Bruneau è consapevole:
“omosessualità
e pederastia nella Grecia classica non erano pratiche anormali, né oggetto di
reprimenda sociale. Quindi sbaglia chi pensa che ho voluto contaminare del
morbo del XXI secolo due icone classiche. Ho solo cercato di restituire un
ordine di idee antico attraverso la banalità kitsch del presente…”[3].
Già
qualche mese prima aveva avuto modo di contestualiz-zare così: “se gli storici antichi scrivono che
il futuro Re dell’Epiro Alessandro amava Filippo II il Macedone e che il
filosofo Parmenide di Elea amava il giovane Zeno o che Alessandro Magno per
tutta la sua (breve) vita ha amato l’amico d’infanzia Efestione, questo non
diffama il loro valore umano, militare o filosofico.”.
[1] Massimo Celani, conversazione con Alfredo Pirri,
“Oltre i Bronzi. E con lo sguardo più ampio: soglie, ingressi, incipit”. In Calabria on web,
11 febbraio 2014
http://www.calabriaonweb.it/2014/02/11/oltre-i-bronzi-e-con-lo-sguardo-piu-ampio-soglie-ingressi-incipit/