mercoledì 25 marzo 2015

Il vapore del materasso




(...) meglio sarebbe se i maestri smettessero di interpretarli e cominciassero finalmente a usarli per comunicare veramente. A tre anni, più che di disegno si parla di "segno comunicante": l'espressione grafica è semplice e il contenuto da comunicare è abbastanza sintetico da permettere messaggi rapidi. Da un lavoro svolto in una scuola materna comunale, ho sviluppato una proposta di revisione dell'uso sinora fatto dei disegni dei bambini e nello stesso tempo una dimostrazione di come attraverso una comunicazione non mistificata sia possibile lavorare insieme e "creare" insieme, disponendo solo di un foglio e una matita.





cco alcuni esempi di ciò che intendo. Antonio fa un cerchio e spiega che nelle sue intenzioni quello è il suo cane Tommy. Di solito l'adulto guarda e ammira. Dice che Tommy deve essere un cane meraviglioso e appende il foglio al muro. La comunicazione grafica è apparentemente finita qui. Il bambino ha proposto e l'adulto ha risposto, ma non graficamente.
La formulazione esatta di questo tipo di comunicazione grafica dovrebbe avvenire in questi termini:




In questo caso la risposta grafica dell'adulto dimostra al bambino che la comunicazione è avvenuta, con tutta una serie di conseguenze: il bambino acquista sicurezza nella libertà d'espressione in quanto gli è stato dimostrato che il suo messaggio grafico era comprensibile e comunicava sicuramente quanto voleva essere comunicato; il bambino impara a considerare divertenti e significative tutte le possibili evoluzioni di un segno e impara a interpretare e ad attribuire significato anche a segni grafici non suoi. (...)



Quando Ida Travi nel 1976 diede alle stampe “un materasso che va a vapore” (edito da La Scimmia Verde, poi ristampato da Tranchida nel 1983), fu una folgorazione. La Travi, rincontrata come raffinata poetessa a distanza di quarant’anni, raccontava una originale esperienza di comunicazione con i bambini della Scuola Materna Comunale di Via Pastrengo a Milano. Lo strambo titolo cifra benissimo di cosa si tratta: tu fai un segno, io un altro, cosa hai tracciato, un cane? No, è un materasso. Si aggiunge il segno del fumo: ecco il materasso che va a vapore. E si continua.


Il disegno è un work in progress, un divenire verbo-visivo che procede tête-à-tête, conversando e segnando su un cartoncino.  Certo c’è dell’interpretazione, ma non è frutto – spesso avvelenato – delle striminzite visioni psicologiche del mondo. E’ quella di un adulto che disegna con un bimbo e che lesto ne riceve il feedback. E più che interpretare traduce, verbo utilizzato non a caso da C.S. Peirce per avanzare la sua difficile teoria della significazione (il processo tramite cui è possibile ricavare significato da un segno), processo centrato su tre elementi: segno, oggetto e interpretante. Ecco, Ida Travi - forse senza saperlo - stava mettendo in scena teorie e prassi della semiosi peirceana, al riparo dallo psicologismo.
Non a caso quel materasso piacque a Elvio Fachinelli, forse il solo psicanalista italiano a godere della stima di Jacques Lacan, che prima ne diede anticipazione su l’Erba Voglio (n.23, 1975), poi scrisse una postfazione al libro.



Scrittura verbo-visiva, interattività, intermedialità e ipermedialità: parole, sintagmi, ancora da inventare a quell'epoca, eppure in nuce ben presenti. Ancora qualche anno (nel 1980) e Lamberto Pignotti e Stefania Stefanelli mandarono alle stampe una accuratissima ricognizione delle pratiche trasversali ("ut pictura poësis") che tenevano assieme futurismo, calligrammi, cartoline, pubblicità, collage e fotomontaggi, sinestesia e poesia visiva, vignette, strip, fumetti e graphic novel, o - più semplicemente - i quadri provvisti di didascalia. 


per una contestualizzazione minima, cfr.